Il Financial Times, dopo 7 anni, comincia seriamente a porsi domande su quanto accaduto l'11 settembre 2001 a New York, con questo articolo pubblicato il 6 giugno 2008. Qualcuno dirà "però, che tempismo!". In effetti non si sa come mai sia spuntata questa vicenda, come un fungo, tra le pagine del magazine finanziario più letto al mondo. Forse è il segnale di qualcosa, o che? Lo scopriremo solo vivendo.
[Sotto Nerone, nell'anno 65 d. C.,] avvenne un incendio, non si sa se fortuito o dovuto al Principe, poichè vi sono autori che sostengono l'una e l'altra ipotesi, essendo per altro tutti d'accordo nel dirlo il più grande e spaventoso che mai affliggesse la città di Roma. Si accese dapprima in quella parte del Circo Massimo che è contigua ai colli Palatino e Celio, dove, a causa delle botteghe che vi erano ripiene di quelle cose che sono esca al fuoco, appena accese, le fiamme divamparono prepotenti, e, alimentate dal vento, in un baleno guadagnarono tutto il Circo, non essendovi qui case nè templi in muratura, nè altro che potesse tagliare la via al fuoco. Pertanto l'incendio divampò dapprima sul piano, poi salì sui colli, e discese di nuovo a devastare le parti basse, prevenendo con la sua velocità quanto veniva tentato per spegnerlo, e facendo strage nella città, impotente alla lotta per le sue vie strette, qua e là ricurve, ed i suoi innumerevoli vicoli, quali vi erano nella Roma di allora. Oltre a ciò si aggiungevano, a rendere impossibile il salvataggio, le donne che gridavano per lo spavento, i vecchi ed i fanciulli impotenti a fuggire, coloro che volevano salvare sè o gli altri, non sapendo dove mettere in salvo gli ammalati e volendoli aspettare nella fuga, quelli che non si decidevano a muoversi e quelli che si affrettavano troppo. Spesso alcuni, mentre si volgevano indietro per vedere se le fiamme non li raggiungessero, ne erano investiti di fianco o di fronte; ed altri, che erano appena fuggiti da un luogo dell'incendio, erano di nuovo avvolti dal fuoco, che ritrovavano anche quando credevano essere in tutt'altra parte della città di quella non incendiata. Cosicchè, non sapendo dove fuggire, nè dove andare, molti si accalcavano nelle strade e si accasciavano per terra: alcuni per aver perdute tutte le cose loro, perfino quanto poteva bastare a mantenerli per un giorno, altri pel dolore di aver perduto i propri cari, periti nel fuoco, a cui non avevano potuto strapparli, si abbandonavano alla morte, quantunque fosse loro facile la fuga. Nè alcuno osava tentare di spegnere il fuoco, a causa delle minacce di parecchi individui che lo impedivano, mentre altri gettavano fasci sulle case e gridavano forte che il fuoco era fatto per loro; sia che ciò facessero per poter più liberamente rubare, sia che ne avessero ricevuto ordine.
Publio Cornelio Tacito, Annales, XV, 38-44
(tratto da http://cronologia.leonardo.it/storia/anno064.htm)
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