venerdì 30 gennaio 2009

Scalfaro su piazza Farnese - Le parole di Salvatore Borsellino

Come volevasi dimostrare, come è accaduto innumerevoli volte, come per Piazza Navona, della manifestazione di Piazza Farnese organizzata dai familiari delle vittime di mafia, ciò che è trapelato sui giornali e nelle televisioni sono state esclusivamente le parole offensive di Antonio Di Pietro nei confronti del Capo dello Stato. Di tutta la manifestazione, ciò che è rimasto è ben poco.

IN maniera monolitica, la stampa del PUI (partito unico italiota) ha preferito glissare sui contenuti della manifestazione (ebbeh, si parlava di... vittime di mafia!) soffermandosi sull'astio (devo dire anche abbastanza ben celato, per i suoi standard) del leader dell'IDV nei confronti di Napolitano, reo tra l'altro di non aver preso posizione a favore di Salerno nella cosiddetta guerra tra procure, e di non aver rispedito il lodo Alfano al mittente, ovvero a Silvio Berlusconi, proberrimo Presidente del Consiglio che grazie al lodo sta scampando al processo e alla sicura condanna per l'affare Mills per corruzione in atti giudiziari.

L'opinione del PUI è: "che male c'è ad aver controfirmato la legge Alfano?". In fondo anche Ciampi controfirmò la legge Schifani, illo tempore. Secondo Di Pietro, autorizzare con il silenzio-assenso che 4 cittadini (compreso lo stesso Napolitano) siano più uguali che altri di fronte alla legge è non solo un comportamento palesemente anticostituzionale ma anche mafioso. Nei fatti, la legge Alfano permette al presidente Napolitano di evitare il processo, quindi di evitare la sicura condanna, nel caso costui dovesse uccidere Di Pietro a randellate in televisione davanti a tutti. Non sarebbe processabile, quindi non sarebbe condannabile. Questo è quello che si dice un presidente super partes. Uno che non ha bisogno neanche degli avvocati.

Fonte: Vauro, http://temi.repubblica.it/micromega-online/

Detto questo, ognuno si faccia un'opinione su cosa sia la legge Alfano e su quali siano le ragioni di Di Pietro. Molto interessante, nel coro unanime levatosi contro queste ragioni, la voce di Oscar Luigi Scalfaro, della Repubblica presidente emerito ma dagli oscuri meriti, che addirittura intravede un reato nelle parole del leader IDV. E' vero che la legge per i nemici si applica e per gli amici si interpreta, ma un presidente emerito (nonchè ex garante assoluto della Costituzione e, vale la pena dirlo, ex magistrato) dovrebbe tacere se non sa quello che dice.

Qui l'intervista (un corrierone sempre più vomitevole, il che giustifica il colore scelto da me).

« Scalfaro: è stato commesso un reato: Di Pietro ha infangato le istituzioni
L'ex capo dello Stato: "C'è un limite a tutto, la dialettica non può arrivare fino ad infangare le istituzioni" »

Eh già, Di Pietro infanga le istituzioni. Quelle istituzioni che stanno evitando il carcere grazie al Lodo Alfano, che insegnano la Costituzione nelle scuole ma che hanno bisogno del parere della Consulta (che chissà quando arriverà) per sapere che il Lodo Alfano è palesemente contro almeno l'articolo 3.

Presidente Scalfaro, l'Italia dei Valori ha attaccato il Quirinale in piazza Farnese. «Napolitano dorme», recitava uno striscione, mentre Antonio Di Pietro accusava il capo dello Stato di giudizi «poco da arbitro» e di «troppi silenzi» aggiungendo che «il silenzio è mafioso». Che cosa gliene pare?

«Questo secondo me è reato. Se le parole sono quelle riferite da radio e televisione, è certamente un comportamento illecito.


Ai sensi di quale articolo?

Che stavolta non si può decentemente contrabbandare come un normale capitolo del dibattito politico.

Finalmente esce fuori il legame tra il dibattito politico e il contrabbando!! Grazie Oscar.

E' vero, siamo in un regime democratico e la Carta costituzionale assicura a ogni cittadino la libertà di espressione, ma c'è un limite a tutto. La dialettica, anche aspra, è nella fisiologia del confronto, però a nessuno è lecito travolgere le istituzioni e infangarle impunemente.

Anche se l'istituzione può schiacciarti come una formica senza neanche essere processato? E chi è Napolitano, Dio? Non è neanche eletto dal popolo, il popolo sovrano di sticazzi.

L'educazione e il rispetto dell'altro sono punti fondamentali del concetto stesso di democrazia».

Quindi Di Pietro sarebbe un maleducato irrispettoso, ecco qui la gravissima ipotesi di reato di cui sopra nel titolone. Cerchiamo nei codici quale sia l'articolo che sanziona la maleducazione e la mancanza di rispetto.

Dopo una gelida risposta del Colle e molte dichiarazioni di solidarietà a Napolitano, Di Pietro si è difeso sostenendo che «in democrazia dev'essere permesso a tutti di avanzare critiche e di manifestare» e ha precisato di «non aver voluto offendere il presidente».

«Resto del mio parere. Non si possono lasciar passare nell'indifferenza sortite di questo genere. Davanti a queste forme gravi di abuso la democrazia si spegne.

Invece davanti al divieto di intercettazione, alla riforma dei giudici, ai militari per le strade, alla stampa di regime, alle crisi generate, al bavaglio alla stampa scomoda, al Lodo Alfano, ai condannati in Parlamento, alla rimozione di De Magistris, di Forleo, di Apicella dalle loro indagini sulle collusioni tra mafia, politica e altro, davanti a tutto questo la democrazia invece si accende, è vero Presidente Scalfaro?

E qui siamo responsabili tutti: chi accetta questo sistema come se fosse normalità, chi tace, chi non reagisce. Tutti. L'esercizio del diritto democratico alla polemica, al dissenso, alla protesta va misurato sul registro della civiltà politica, tanto più quando a concedersi un linguaggio così intollerabile è un esponente di primo piano del Parlamento».

Già, dire la verità fa troppo male. La verità è intollerabile. Ma è ovvio, se fosse tollerabile, non ci sarebbe bisogno di porcate Alfano.

E' uno scontro che si riaccende sulla giustizia. In piazza Farnese si recriminava proprio su quel tema, divenuto rovente con il conflitto tra le procure di Catanzaro e Salerno.

«Una brutta storia, sulla quale il Quirinale è intervenuto tempestivamente, così come ha fatto il Consiglio superiore della magistratura. Da uomo che ha indossato la toga, e con orgoglio, dico che quando i magistrati si servono del loro ruolo e potere per iniziative personali, allora siamo alla guerra civile. Letteralmente. In casi come questi la soluzione è soltanto una: intimare loro di andarsene a casa. Per quanti meriti possano vantare lungo carriere magari decennali, il loro compito è uscire di scena. Il danno che simili comportamenti arrecano alla magistratura è immenso».

Quali sarebbero le iniziative personali? Cercare di fare luce nello schifo? Verrebbe fuori una seconda Tangentopoli, molto più vasta e pericolosa della prima, che potrebbe portare il Paese al collasso, e il Presidente Emerito lo sa bene. Per questo i magistrati vengono rimossi. Non per fantomatiche iniziative personali.

Tra i motivi di pesanti recriminazioni, c'è la riforma sulla giustizia che il governo si prepara a varare. Con il controverso provvedimento sulle intercettazioni.

«E' un punto critico, perché si tratta di assicurare la tutela dello Stato rispetto alla grande criminalità (che per me non assume solo il volto della mafia ma quello di tante altre forme di illegalità, a partire dall'evasione fiscale) senza turbare lo spazio di libertà che la Costituzione riconosce e garantisce a ciascuno. Bisogna dunque porsi alcune domande, e trovare delle risposte equilibrate: è lecito mettere sotto controllo chiunque, indistintamente? Chi ha il potere di ordinare questi controlli? Chi ne risponde, con una paternità specifica, intendo, ossia con nome e cognome? E chi è responsabile del danneggiamento che eventualmente ricada sul cittadino innocente dalla diffusione delle intercettazioni che lo riguardano? Questioni molto delicate, insomma, che non si possono risolvere con l'impulsività di un decreto».

Eh già. Le intercettazioni non devono turbare la libertà dell'inquisito. Si potrebbe chiedere il permesso! « Scusi, la posso intercettare? Sa, lei è indagato. Ma non dica niente a nessuno eh! » . Oppure si potrebbe intercettare chiunque ma solo quando il numero è libero. In fondo anche gli stupratori di Guidonia sono stati presi grazie alle intercettazioni. Ma a ciascuno, quindi anche ad uno stupratore, la Costituzione riconosce e garantisce uno spazio di libertà. Cattivelli sono i magistrati, che turbano questo spazio. La questione è delicata, è vero Presidente.

Detto questo, non dimentichiamo il motivo principale della Manifestazione. Il migliore modo per farlo, e per rispondere al Presidente Emerito, è ascoltare e meditare le parole di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso il 19 luglio 1992. Oscar Luigi Scalfaro in quella data era Presidente della Repubblica, e Nicola Mancino (attuale vicepresidente del CSM, che ha deciso per la rimozione di De Magistris e degli altri) era ministro dell'Interno. Sono parole che fanno rabbrividire, piangere amaramente, e incazzarsi di brutto. Ed è per questo che sui giornali e nelle televisioni non se ne è trovata traccia. Grazie a chi ci ha consentito di ascoltare, e in particolare al blog di Beppe Grillo.




Il più grande vilipendio alle istituzioni è che queste persone indegne di occupare quei posti occupino le istituzioni. Questo è il vilipendio alle Istituzioni e allo Stato. (Salvatore Borsellino)


« Grazie a tutti. Ringrazio soprattutto quei tanti ragazzi, quelle tante persone che ho incontrato oggi qui e che vengono da tutte le parti d'Italia. Sono quei ragazzi che incontro quando vado in giro per l'Italia a gridare la mia rabbia e a cercare di suscitare nella gente quella indignazione che ritengo che tutti dovrebbero avere nel vedere il baratro nel quale stanno facendo precipitare il nostro Paese.

Vedete, ieri Sonia Alfano mi ha telefonato e mi ha detto: “dobbiamo proiettare un video nel quale si vedranno delle immagini crude, delle immagini della strage di Paolo”.

Mi ha chiesto se poteva farlo, se sarei stato in qualche maniera colpito, sconvolto. Quelle immagini non mi sconvolgono affatto, vorrei che venissero proiettate ogni giorno in televisione, perché la gente si rendesse conto di quello che è stato fatto. Si rendesse conto di qual è il sangue sul quale si fonda questa disgraziata Seconda Repubblica, che capisse che è fondata sul sangue di quei morti. Vedere quelle immagini non mi sconvolge. Una cosa mi sconvolge: vedere le immagini di quelle stragi dopo aver visto quelle due persone che prima parlavano di Dell'Utri, delle bombe che metteva Mangano, e ridevano. Ridevano, ghignavano rispetto a quelle cose: questo mi sconvolge.

Vorrei che quelle due persone venissero messe in una cella come mettevano quegli assassini di Arancia Meccanica, aprirgli gli occhi e costringerli a vedere, vedere, vedere, vedere in continuazione quelle stragi. Ecco quello che vorrei.

Io ho visto oggi quelle stragi e mi sono ricordato di una cosa che mi ha detto Gioacchino Genchi, che è arrivato sul luogo della strage due ore dopo il fatto. Io ci misi cinque ore a sapere che mio fratello era morto perché la televisione dava notizie contraddittorie: forse è stato ferito un giudice, forse sono stati feriti uomini della scorta. Fu mia mamma che, cinque ore dopo, mi telefonò dall'ospedale e mi disse: “tuo fratello è morto”.

C'era qualcuno, però, che si chiamava Contrada che lo seppe ottanta secondi dopo che mio fratello era stato ucciso e io vorrei, io chiedo, io grido: voglio che queste cose vadano a finire nelle aule di giustizia!

Che ci siano processi per queste complicità che ci sono state all'interno dello Stato! L'avete sentito di cosa parlavano Berlusconi e Dell'Utri: ecco perché vogliono impedire le intercettazioni, perché quelle cose non possiamo, non dobbiamo sentirle.

Non dobbiamo sentirle se no ci rendiamo conto di quella che è la classe politica che ci governa, ci rendiamo conto di chi oggi ha occupato le istituzioni.Il più grande vilipendio alle istituzioni è che queste persone indegne di occupare quei posti occupino le istituzioni. Questo è il vilipendio alle Istituzioni e allo Stato.

E' il fatto che una persona che è stata chiamata “Alfa”, in un processo che non è potuto andare avanti perché è stato bloccato, come tutti gli altri processi che riguardano i mandanti occulti e esterni, possa occupare un posto così alto all'interno delle nostre Istituzioni.

Genchi arrivò in quella piazza due ore dopo la strage, mi ha raccontato che aveva conosciuto Emanuela Loi un mese prima perché faceva da piantone alla Barbera.

Era una ragazza che non era stata addestrata per fare il piantone, per fare la scorta a un giudice in alto pericolo di vita come Paolo Borsellino. Eppure quel giorno era lì a difendere con il suo corpo, e nient'altro che con quello, Paolo Borsellino. Questi sono gli eroi, non quelli di cui parlano Berlusconi e Dell'Utri, dicendo che Vittorio Mangano è un eroe.

Gli eroi sono questi ragazzi che il giorno dopo la morte di Falcone, ce n'erano cento tra poliziotti e Carabinieri, si misero in fila dietro la porta di Paolo per chiedergli di far parte della sua scorta. Se erano messi in fila per andare a morire, perché Paolo sapeva che sarebbe morto. Quei ragazzi, mettendosi in fila dietro la porta di Paolo, sapevano che sarebbero morti anche loro.

Gioacchino Genchi mi raccontò che due ore dopo la strage, arrivando in via D'Amelio vide i pezzi di Emanuela Loi che ancora si staccavano dall'intonaco del numero 19 di via D'Amelio.La riconobbe perché c'erano dei capelli biondi insieme a quei pezzi.

I pezzi di quella ragazza vennero messi in una bara, vennero riconosciuti perché era l'unica donna che faceva parte della scorta, vennero mandati a Cagliari. Sapete cosa venne fatto? Quello che chiamiamo Stato ha mandato ai genitori di Emanuela Loi la fattura del trasporto di una bara quasi vuota da Palermo a Cagliari. Questo è il nostro Stato. Questo è lo Stato che ha contribuito ad ammazzare Paolo Borsellino e io vi racconto queste cose non per farvi commuovere, non per farvi piangere. Non è il tempo di piangere.

E' il tempo di reagire, di lottare, è il tempo di resistenza! Il tempo di opporsi a questo governo che sta togliendo il futuro ai nostri ragazzi, che ci sta consegnando un Paese senza futuro. E la colpa è nostra che abbiamo permesso che tutto questo succedesse. Quando Cossiga dice - dopo la manifestazione degli universitari che hanno capito che in Italia si sta cercando di distruggere l'istruzione perché l'istruzione può portare alla resistenza, anche durante il fascismo le scuole erano centri di resistenza e i ragazzi l'hanno capito - e Cossiga cosa ha detto? Ha detto che bisogna mettere infiltrati in mezzo a quei ragazzi perché rompano vetrine, perché vengano distrutte macchine perché le ambulanze sovrastino le altre sirene. Si augura addirittura che venga uccisa qualche donna, qualche bambino perché si possano manganellare quei ragazzi.

Dobbiamo essere noi a metterci davanti a loro, siamo noi che ci meritiamo quelle manganellate per avere permesso che il nostro Paese diventasse quello che è diventato. Un Paese che non è degno di stare nel mondo civile, siamo peggio della Colombia. Genchi è arrivato in via D'Amelio due ore dopo la strage, ripeto, si è guardato intorno e ha visto un castello. Ha capito che non poteva essere che da quel posto fu azionato il telecomando che ha provocato la strage.

Genchi allora è andato in quel castello, ha cercato di identificare le persone che c'erano dentro, mediante le sue tecniche. Ha capito che da quel castello partirono delle telefonate che raggiungevano cellulari di mafiosi. Perché Genchi ha quelle capacità, le sue conoscenze tecniche sono enormi, egli è in grado, dagli incroci dei tabulati telefonici e non dalle intercettazioni, di riuscire a inchiodare i responsabili di quella strage.

Ecco perché si sta cercando di uccidere Genchi, ecco perché così come hanno ucciso i magistrati si cerca di uccidere anche Genchi. Questo è il vero motivo: per togliere un'altra arma a quello che è la parte sana di Stato che è rimasta. Cercano di uccidere Genchi, hanno ucciso dei magistrati. Io ieri ho sentito un magistrato – uno di questi uccisi senza bisogno di tritolo – che mi ha detto: “avrei preferito essere ucciso col tritolo piuttosto che così, giorno per giorno, come stanno facendo”. I magistrati oggi, chi ancora cerca di combattere la criminalità organizzata, non viene più ucciso con il tritolo, viene ucciso in maniera tale che la gente non se ne accorga neanche, non reagisca.

Le stragi del 1992 portarono a quella reazione dell'opinione pubblica, a quello che mi ero illuso di riconoscere come quel fresco profumo di libertà di cui parlava Paolo. Quel profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e fin della complicità. Quel puzzo che oggi ci sta sommergendo. Il puzzo dal quale oggi non possiamo stare lontani perché sta permeando tutto il nostro Stato, tutta la nostra vita politica, tutte le nostre istituzioni.

Io, dopo la morte di Paolo, arrivai a dire che se Dio aveva voluto che Paolo morisse perché il nostro Paese potesse cambiare allora avrei ringraziato Dio di averlo fatto morire. Questo era il sogno di Paolo, Paolo sarebbe stato felice di sapere che era morto per questo.Oggi, guardate il baratro nel quale siamo precipitati: io ringrazio Dio che Paolo sia morto, che non venga ucciso come stanno uccidendo De Magistris, Apicella, Clementina Forleo. Io ringrazio Iddio che Paolo non venga ucciso in questa maniera. Che messaggi ci arrivano dalla magistratura? Il presidente dell'Anm dice: “abbiamo dimostrato che la magistratura possiede gli anticorpi per reagire”. E' una vergogna che un magistrato possa dire queste parole! La magistratura ha dimostrato, semmai, di avere al suo interno quelle cellule cancerogene che la stanno distruggendo, e così come hanno vissuto e pervaso tutte le istituzioni, la classe politica. La magistratura, nei suoi organi superiori, ha dimostrato di essere corrotta al suo interno. Ormai il cancro sta entrando in metastasi anche negli organi di governo della magistratura.

Non è difficile, se pensiamo che a vice presidente del Csm, quello che dovrebbe essere l'organo di autogoverno della magistratura, c'è una persona indegna, indegna!, come Mancino! Una persona che mente! Mente spudoratamente dicendo di non avere incontrato Paolo Borsellino il primo luglio del 1992, quando sicuramente a Paolo Borsellino venne prospettata quella ignobile, scellerata trattativa tra lo Stato e la criminalità organizzata per cui Paolo Borsellino è stato ucciso. Perché Paolo non può aver fatto che mettersi di traverso rispetto a questa trattativa, questo venire a patti con la criminalità che combatteva, con chi poco più di un mese prima aveva ucciso quello che era veramente suo fratello, Giovanni Falcone. Paolo non può che essere rimasto così sdegnato da opporsi a questa trattativa e a quel punto andava eliminato, e in fretta.

Tant'è vero che il telecomando della strage di via D'Amelio fu premuto. Queste cose non sono potute arrivare al dibattimento perché tutti i processi sono stati bloccati.

Genchi ha dimostrato che quel telecomando era nel castello Utveggio, dove c'era un centro del Sisde, i servizi segreti italiani, è da lì che è arrivato il comando che ha provocato la strage. Ecco perché Genchi deve essere ucciso anche lui. Hanno ucciso Paolo Borsellino, hanno ucciso Giovanni Falcone e adesso uccidono anche Genchi, De Magistris, tutti i giudici che cercano di arrivare alla verità.

Così qualunque giudice che arriva a toccare i fili scoperti muore, non si può arrivare a quel punto perché oggi gli equilibri che reggono questa seconda repubblica sono basati sui ricatti incrociati che si fondando sull'agenda rossa. Un'agenda rossa sottratta dalla macchina ancora in fiamme di Paolo Borsellino, in cui queste trattative, queste rivelazioni che in quei giorni gli stavano facendo pentiti come Gaspare Mutolo, come Leonardo Messina erano sicuramente annotate. Quell'agenda doveva sparire, è questo uno dei motivi della strage. Quell'agenda doveva sparire, su quell'agenda io credo che si basano buona parte dei ricatti incrociati su cui si fonda questa seconda repubblica.

E allora Mancino non può venirmi a dire che non ricorda di aver incontrato Paolo Borsellino! Non può soprattutto adoperare quel linguaggio indegno che adopera. Dice: “Io non posso ricordare se fra gli altri giudici c'era anche Paolo Borsellino, che non conoscevo fisicamente”. Ma Mancino non hai visto chi era quel giudice vestito con la sua toga che trasportava la bara di Falcone? Non l'hai visto? Non ti interessavano quelle immagini? Eri ministro dell'interno e non ti interessava che cosa stava succedendo in Italia in quei giorni?

Non ti interessava, a fronte di quell'agenda che ho mostrato e nella quale c'è scritto: “ore 19.30 Mancino” scritto di pugno autografo da Paolo? Lui ha mostrato un calendarietto in cui non c'era scritto niente, l'ha mostrato semplicemente e c'erano tre frasi con gli incontri della settimana. E' questo quello che fanno i nostri ministri, oltre che cercare di accordarsi con la criminalità organizzata. E' per questo che è stato ucciso mio fratello: perché mio fratello si è messo di traverso rispetto a questa trattativa, per questo doveva essere ucciso. Io chiedo, e non smetterò di chiederlo finché avrò vita, che sia fatta giustizia, che vengano cacciati dalle istituzioni quelle persone che sono complici di quello che è successo. Non che venga data l'impunità a chi dovrebbe essere sottoposto a processi e invece non può essere neanche indagato, intercettato, non si può fare nulla.

Dobbiamo subire, stanno adottando la tecnica della frana, per cui ci hanno infilato in un'acqua che a poco a poco si riscalda e la gente non si accorge il punto a cui arriviamo. Attenzione! Attenti! Stiamo precipitando nel baratro e da questo baratro dobbiamo uscire perché lo dobbiamo ai nostri morti. Lo dobbiamo a Giovanni Falcone, a Paolo Borsellino, a Emanuela Loi, a questi che veramente sono eroi. Dobbiamo riappropriarci del nostro Paese, questo Paese è nostro, lo Stato siamo noi! Non queste persone che indegnamente occupano le istituzioni.

Vi lascio con tre parole che un altro dei giudici che hanno tentato di uccidere ha detto, ed è quello che dobbiamo fare, l'unica cosa che ci resta da fare prima di cadere in un regime dal quale non ci potremo più districare: Resistenza! Resistenza! Resistenza! ».

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ormai i Media (Tv e giornali) mi fanno solo inc****re, sempre a insidiare nelle menti quello che vogliono loro. Hai perfettamente ragione, Fra, non ho sentito un solo telegiornale o un solo straccio di quotidiano ricordare il motivo della manifestazione. Invece che veline e reality, andrebbe mandato il discorso di Borsellino, un discorso che ha fatto rabbrividire anche me. Un discorso che fa ricordare ciò che molti in questo paese vogliono che sia dimenticato (o trascurato). Bisogna andare avanti così, con queste parole, con la nostra "verità" o finiremo in un "1984" orwelliano.

A presto Fra, complimenti per il post (non so cosa darei per sentire i tuoi commenti detti da un giornalista direttamente ai "signori")

Framaulo ha detto...

Grazie Salvatore!! Siamo del tutto d'accordo!

Ma siamo GIA' nel 1984 orwelliano :)

Ciao
Fra

Giulia ha detto...

Qui ho dato la mia versione dei fatti sulla manifestzione di piazza Farnese. Lasciate commenti, se vi va! Ciao!
http://o-so.blogspot.com