Incidente sul lavoro, operaio muore nello stabilimento Ilva di Taranto
TARANTO 11 dic 2008 - Un operaio polacco, Paurovic Zigmontian, di 54 anni, e' morto in un incidente sul lavoro avvenuto la notte scorsa nello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto.
L'uomo era dipendente di una ditta specializzata in montaggi, la Pirson. L'operaio stava smontando alcune parti dell'altoforno 4, un impianto fermo dal mese di luglio per lavori di rifacimento, quando e' stato colpito dal braccio di una gru ed precipitato da un'altezza di 14 metri. L'operaio e' morto sul colpo. Indagini sono state avviate dagli ispettori del lavoro e dai carabinieri.
La procura di Taranto ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo e ha disposto il sequestro dell'impianto in cui e' morto l'operaio polacco Paurovic Zigmontian. Si e' trattato del terzo infortunio mortale all'interno dello stabilimento siderurgico dall'inizio dell'anno e anche in questa occasione la vittima e' un lavoratore dell'appalto.
Traffico di rifiuti, sequestrate 100mila tonnellate di acciaio e zolfo all'Ilva di Genova
GENOVA 11 dic 2008 - Il presidente del Cda del Gruppo Ilva, Emilio Riva e tre manager dello stabilimento genovese del gruppo, sono stati denunciati dai carabinieri del Noe per stoccaggio illecito di rifiuti.
Nello stabilimento sono state sequestrate 100.000 tonnellate di rifiuti speciali. I carabinieri del Noe sono in azione con arresti e sequestri in tutta Italia per un traffico di rifiuti che interessa diverse regioni: cinque le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti imprenditori, 36 persone e numerose aziende coinvolte nelle indagini.
Nello stabilimento di Genova in particolare sono state sequestrate 100.000 tonnellate di rifiuti speciali costituiti prevalentemente da polverino d'acciaio e circa 5.000 tonnellate di pasta di zolfo.
Ai quattro manager dell'Ilva si contesta di aver realizzato uno stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi in mancanza delle previste autorizzazioni.
Diossina, la rivolta dei pastori
TARANTO 11 dic 2008 - "Ve la prendete con i nostri animali. Ma non fate nulla a chi è potente ed inquina la terra e l´aria". Enzo Fornaro ha il viso rigato dalle lacrime, mentre sbraita contro i veterinari ed i funzionari dell´Asl giunti in forze ieri nella sua masseria per portare via il gregge che gli dava da vivere. Lo sguardo gonfio di pianto si perde nel cielo verso le ciminiere della zona industriale di Taranto. Quei colossi che sbuffano fumi e polveri sono vicinissimi al centro abitato. E svettano a meno di un chilometro dalla masseria "Carmine" dove Enzo Fornaro, suo padre, e prima ancora suo nonno, allevano da un centinaio di anni pecore e capre selezionate. Nella loro vita, però, da marzo scorso ha fatto irruzione la diossina di produzione industriale. Il veleno ha contaminato gli animali che ora vanno abbattuti. Dalla masseria dei Fornaro sono stati portati via oltre 500 capi, compresi 107 capretti e 37 agnellini, alcuni nati solo da pochi giorni.
Da oggi alle 6, nel mattatoio di Conversano verranno tutti giustiziati con una scarica elettrica. Poi saranno smaltiti per evitare che quelle carni avvelenate possano finire sulle tavole. "Siamo vittime di un nemico che non ha ancora un volto" - sbotta Enzo Fornaro, mentre consola il padre. "L´unica certezza che abbiamo è che ora siamo disoccupati. La nostra famiglia e quelle dei nostri otto operai sono ridotte sul lastrico. Il risarcimento, quando arriverà, sarà ridicolo e soprattutto non ci restituirà il lavoro e la nostra vita".
Ma la sentenza di morte non si è abbattuta solo sulla masseria "Carmine". I camion per il trasporto degli animali hanno fatto tappa qualche chilometro più su, nella masseria "Nuova" di Cosimo Quaranta. "Sono venuti scortati dalla Polizia ed hanno caricato il mio gregge" - racconta Quaranta, che per presenziare all´odioso rito di ieri mattina ha dovuto persino rinunciare ad assistere al funerale di un familiare. Dal suo ovile sono stati prelevati 340 capi, tutti destinati ad essere abbattuti. "Mi hanno tolto la vita e sto provando un dolore immenso. Togliere gli animali ad un allevatore - dice - è come ucciderlo".
Nella masseria vive con la moglie. Erano una famiglia tranquilla, ma ora hanno perso il sonno perché non sanno più come sbarcare il lunario. "Abbiamo scelto questa vita perché ci piace la campagna" - racconta Quaranta con un pizzico di commozione. "Non abbiamo mai cercato la ricchezza, ma solo la serenità che avevamo e che ci hanno rubato. Oggi ci sentiamo abbandonati e vittime due volte, perché qualcuno ha avvelenato le nostre vite e a pagare sono solo gli animali e noi con il lavoro". Altre 140 pecore da abbattere a causa della contaminazione da diossina sono state rastrellate dagli ispettori dell´Asl nella Masseria "Gerantella", situata proprio sul confine tra il territorio di Taranto e quello del comune di Statte. Qui lavorava il pastore Giuseppe Sperti che aveva il compito di gestire la piccola azienda di proprietà di un allevatore.
"Non è possibile descrivere quello che provo in questo momento" - sussurra Sperti, costretto a chiudere i battenti dopo ventisei anni di attività. "Non ho più un lavoro e da domani mi tocca trovare un´altra occupazione. Non posso neanche ricreare il gregge perché sino a quando non verrà eliminata la fonte inquinante. Rischierei soltanto di lavorare per poi vedermi ammazzare le pecore una ad una". Oggi, intanto, come gli altri allevatori vittime della mattanza dovuta alla diossina, si alzerà comunque all´alba. Ma non per condurre il gregge al pascolo. Saliranno tutti in macchina e si recheranno a Conversano. L´ultimo dolore sarà quello assistere al massacro dei loro animali.
Fonte: La Repubblica - Bari.
1 commento:
Scusami per questo off topic, ho letto il tuo post e non ho saputo commentarlo se non col silenzio. Passa da me che ti aspetta una cosa... ciao!
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