lunedì 22 settembre 2008

Orazio | Epodi, XIV

Mollis inertia cur tantam diffuderit imis
oblivionem sensibus,
pocula Lethaeos ut si ducentia somnos
arente fauce traxerim,
candide Maecenas, occidis Saepe rogando:
deus, deus nam me vetat
inceptos, olim promissum carmen, iambos
ad umbilicum adducere.
non aliter Samio dicunt arsisse Bathyllo
Anacreonta Teium,
qui persaepe cava testudine flevit amorem
non elaboratum ad pedem.
ureris ipse miser: quodsi non pulcrior ignis
accendit obsessam Ilion,
gaude sorte tua; me libertina, nec uno
contenta, Phryne macerat.

Mecenate, amico sincero, mi togli la vita quando mi assilli e mi chiedi il perché una molle inerzia mi abbia diffuso nel fondo dei sensi tanto oblio, come se avessi ingollato con fauci riarse bicchieri che inducono ai sonni del Lete (1).

E' un dio. Un dio mi impedisce di finire (2) i giambi che avevo cominciato, le poesie un tempo promesse. Non diversamente, dicono, per Batillo di Samo (3) arse Anacreonte di Teo, che molto spesso pianse l'amore, improvvisando i versi, sul guscio cavo della lira (4).

Tu stesso bruci, poveraccio. E se è vero che la fiamma che fece bruciare Troia assediata non era più bella, godi della tua sorte. Me, mi logora la liberta Frine, cui non basta un amante solo.


Mecenate assilla Orazio per pubblicare i giambi che gli aveva chiesto. Orazio gli risponde che non è il momento: in questo momento la testa è altrove.

(1) Lete è il fiume dell'oblio. Amore come sonno, stato stuporoso, che fa dimenticare tutto il resto. Immagine cara a Baudelaire (Le Léthé: L'oubli puissant habite sur ta bouche / Et le Léthé coule dans tes baisers).
(2) L'espressione ad umbilicum adducere significa finire, portare a compimento, visto che l'umbilicus era il bastoncino di legno, o di avorio, attorno al quale si avvolgeva il volumen.
(3)
Batillo, celebre efebo amato da Anacreonte, è anche il nome di un fanciullo fortemente amato (una fiamma più bella di quella che arse Troia) da Mecenate, come riportato anche da Tacito, Annales, I 54. Questa coincidenza maliziosa è l'unico tratto veramente "epodico" di questo componimento. Orazio sembra aver trovato una ottima duplice scusa, con il suo editore, per giustificare il ritardo: è colpa di un dio, irresistibile per definizione, che Mecenate perdipiù conosce molto bene.
(4) Cava testudine è un'immagine per la lira, poichè ricavata da Hermes a partire da un guscio di tartaruga e quindi una metonimia per intendere la poesia lirica. Potente la contrapposizione tra la poesia lirica, che Orazio vorrebbe scrivere, e la poesia giambica che invece aveva promesso a Mecenate, e che langue incompleta.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non si può pretendere che un poeta sia anche razionale...

Framaulo ha detto...

Già... a meno che non sforni solo prodotti da destinare al mercato (come accade molto spesso anche oggi), ma in quel momento più che di poeta si può parlare di "venditore ambulante".

:-)

Ciao, fra