Venerdì 4 maggio sono andato a sentire Ivo Pogorelich, ospite della filarmonica di Strasburgo. In programma, il secondo concerto di Rachmaninov. Conoscendo il pezzo, e conoscendo il pianista (almeno pensando di conoscerli) sono rimasto completamente allibito quando ho visto entrare in sala un signore di mezza età, completamente calvo, ingrassato, che camminava lentamente, molliccio e sinuoso, raggiungendo apaticamente il pianoforte seguito da un voltapagine con lo spartito in mano. Io mi ricordavo un giovane attempato, dal capello fonato, che con fare virile e donnaiolo e un suono magico rapiva la platea fin dal primo secondo.
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Nessuno, dico nessuno, neanche l'ultimo sfalzino alle prime armi dopo una lettura sommaria dei primi due righi, avrebbe incominciato il secondo concerto di Rachmaninov in quella maniera. Nessuno avrebbe saltato impunemente tutte le notine delle parti centrali e delle volatine, suonando di fatto solo gli accordi e le ottave, e le "note sicure", coprendosi col pedale e con i fortissimi dell'orchestra. Nessuno avrebbe mai osato sgarrare anche di un solo centesimo il metronomo di quel pezzo, tra l'altro leggendo.
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Ha suonato con l'ingenuità di un bambino. E cantava la musica del grande Russo dal profondo del suo cuore. Ed è stato il più commovente, secondo concerto di Rachmaninov che sia mai stato eseguito, perchè sofferto, abbandonato ed eroico. Lunghissimi applausi, ma niente bis. Spero solo che ritorni al più presto a deliziare le sale da concerto di tutto il mondo.
Intervista del 2006
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